Madonna con Bambino e Quattro santi – secoli XIV-XV

Basilica di Sant’Antonio,
cappella della Madonna Mora
Restauri sostenuti da Famiglia Tabacchi
Interventi di restauro di Valentina Piovan
Settembre 2019

La cappella della Madonna Mora, già sito corrispondente all’antica chiesetta di Santa Maria Mater Domini, annessa al convento in cui dimorò sant’Antonio, è il nucleo a partire dal quale si è sviluppata nei secoli l’intera basilica. Dopo la recente individuazione della mano di Giotto nelle due imponenti figure rappresentanti i profeti Isaia e Davide raffigurate sulla parete retrostante l’altare, ai lati della statua, certamente più tarda, raffigurante la Madonna con il Bambino attribuita a Rinaldino di Francia, i recenti restauri finanziati dalla famiglia Tabacchi, hanno consentito di riportare all’originario splendore alcuni interessanti affreschi, collocati a sinistra del varco d’accesso in due registri sovrapposti, di scoprire una nuova porzione di intonaco affrescato, consentendo anche di attribuirne con verosimiglianza l’autore. Gli studi, ancora in corso, sono condotti e coordinati dalla professoressa Cristina Guarnieri del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università degli Studi di Padova.

Al livello inferiore troviamo raffigurate quattro figure di Santi, tra cui san Bartolomeo, riconoscibile dal profilo del coltello stampigliato sull’intonaco, e la coppia di santi medici Cosma e Damiano, una presenza davvero interessante, che vestono tuniche eleganti dal colletto rigido, copricapi in vaio, e reggono, stretto nel palmo della mano, il vaso degli unguenti. Grazie alla nuova leggibilità restituita dal restauro, condotto dalla dottoressa Valentina Piovan, l’ipotesi della prof.ssa Guarnieri è di riconoscervi la mano di Stefano di Benedetto da Ferrara, problematico autore che senz’altro lavorò nella basilica del Santo, ma la cui fisionomia resta difficile da definire con sicurezza.

La presenza di Stefano di Benedetto da Ferrara è documentata a Treviso, insieme al grande pittore Tommaso da Modena, come è testimoniato in due documenti giuridici, tra 1349 e 1351. La sua attività a Padova è ricordata in primis da Michele Savonarola nel Libellus de magnificis ornamentis regie civitatis Padue, per aver dipinto nella contigua cappella dell’Arca, dopo che il corpo del Santo vi fu trasferito nel 1350, le scene con i miracoli della sua vita. Il celebre storico Giorgio Vasari, inoltre, nella Vita di Andrea Mantegna e poi nella Vita di Vittore Scarpaccia, riconduce alla mano del ferrarese un’ulteriore opera all’interno della basilica, ossia «la Vergine Maria che si chiama del Pilastro». Benché la nota e venerata immagine sia oggi assai rimaneggiata, si riesce tuttavia a intravedere quelli che dovettero essere i caratteri peculiari dell’arte del pittore, che bene si addicono a un artista emiliano dell’epoca: incarnati morbidi, dalle tinte chiare e soffuse, volti infantili, atteggiamenti affettuosi.

In tutta l’area della parete che sta sopra i quattro Santi, su uno strato di intonaco posteriore, si distende invece un’imponente, anche se frammentaria, Madonna in trono con il Bambino che in origine verosimilmente si protendeva in direzione di un anonimo committente collocato alla sua destra. I lavori di restauro hanno consentito di riportare alla luce l’intera composizione, incentrata sulla struttura gotica fiorita del trono. Essa è delimitata da cornici decorative che alternano settori ornati con elementi vegetali e medaglioni racchiudenti ritratti di imperatori romani, di cui ne sopravvive integro solamente uno, colto di profilo. Sotto è tornata leggibile una data, seppure incompleta, che colloca la pittura intorno al 1410, periodo confermato anche a giudicare dai caratteri stilistici dell’opera.

Gli studi realizzati dalla professoressa Cristina Guarnieri indirizzano verso l’attribuzione al Maestro di Roncaiette. Il nome, di convenzione, è usato per designare un maestro attivo a Padova nell’ultimo decennio del XIV e i primi del XV secolo, autore del polittico della chiesa di San Fidenzio a Roncaiette di Ponte San Nicolò, nei pressi di Padova. La realizzazione della Madonna in trono con il Bambino vedrebbe il Maestro di Roncaiette all’apice della sua carriera artistica, fortemente influenzato dal linguaggio di Gentile da Fabriano, artista giunto dalla Lombardia a Venezia attorno al 1405, i cui riverberi artistici si propagarono in laguna e investirono diversi artisti, tra i quali il pittore di origine francese Zanino di Pietro Charlier.
Anche qualora l’attribuzione non venisse confermata dalle analisi successive, sarebbe un’importante testimonianza di quel Rinascimento umbratile, che si radica ancora saldamente nella cultura figurativa tardogotica, ma che ormai prelude all’Umanesimo e all’arte di Mantegna e Donatello, di cui ancora non erano stati individuati esempi importanti nella basilica del Santo. Con questa scoperta, invece, anche la pittura del primo Quattrocento viene a essere documentata con un affresco di alto livello qualitativo.

WEBSITE BY CUBA STUDIO